giovedì 31 marzo 2011

IV.7 - Polpacci

Mio padre ha i polpacci completamente glabri. Lisci come la pelle di un bebé.
Ci sono quattro categorie di uomini con questa caratteristica:
-I glabri naturali, che non hanno scelta.
-I vanesi (tronisti, culturisti, omosessuali del modello checca isterica, eccetera), che in questo modo si piacciono e/o credono di piacere di più.
-I ciclisti, che ci guadagnano in aerodinamicità e prevengono probabili infezioni in caso di caduta e conseguenti graffi.
-Gli impiegati di lungo corso, che si riducono così a furia di indossare per decenni, tutti i giorni e per 9 ore al giorno o più, calzini lunghi e poco traspiranti. Mio padre appartiene a quest'ultima categoria.
Ovviamente un gruppo non esclude l'altro. Può esistere un tronista naturalmente glabro, così come un impiegato con l'hobby del body building. Soprattutto, i famosi "ciclisti della domenica" sono nella grande maggioranza impiegati o comunque lavoratori dipendenti.
Io amo pedalare, ma non sono un ciclista. Non ho scarpette tecniche, né mangio barrette energetiche; non indosso caschetti tecnologici e nemmeno magliettine aderenti. I pantaloncini sì, perché certe parti del corpo vanno ben protette.
E ci ho provato a fare l'impiegato, ma proprio non fa per me.
Io ho i polpacci pelosi.

martedì 15 marzo 2011

IV.6 - Salto nel buio

Oggi ho annunciato in ufficio il mio licenziamento.
I dettagli non sono ancora definiti, ma tutto indica che dal I Maggio, festa dei lavoratori, io non sarò più tale. Vi giuro che non l'ho fatto apposta, anche se a ripensarci è proprio geniale.
Non ho idea di cosa accadrà, ma così non potevo continuare. Spero che per una volta la fortuna aiuti davvero gli audaci e che almeno uno dei mille progetti in cui in questi mesi ho impegnato il mio tempo libero porti a qualcosa di concreto, ovvero mi paghi l'affitto.
Nel frattempo si accettano donazioni e regalie.

venerdì 11 marzo 2011

IV.5 - Milano

-trascrizione (editata) da moleskine-

Dove è diretto questo treno? Chi lo pilota?
L'inquietudine di non sapere dove sei quando è l'ora in cui già dovresti essere a destinazione e le porte si aprono non su una banchina, ma su delle sterpaglie. Troppo lungo, questo treno, per le piccole stazioni di provincia. Lo risalgo lentamente, alla ricerca di un altra forma di vita che mi riporti alla realtà, ma mi fermo davanti a un vagone completamente buio: ho paura, come quando da bambino nuotavo fin dove finiva il fondo sabbioso e cominciavano gli scogli.
Riconosco la mia città dall'inceneritore, illuminato e fumante nel cielo di cristallo. Che bellezza.
Se domani non dovessi lavorare, scriverei tutta la notte.