mercoledì 29 dicembre 2010

III.3 - Prima o poi doveva succedere...

La neve stavolta non c'entra.
Ieri mi sono svegliato con in testa una canzone: ci voleva giusto la serata musicale di cui vi ho raccontato per stimolarmi un po'. Ne ho scritta una strofa e avrei tanto voluto continuare, invece sono venuto in ufficio. Ci ho lavorato ancora, nei pochi tempi morti, ma non è questo il modo di fare bene le cose. E' la realizzazione di un mio vecchio incubo ad occhi aperti.
Non solo: volevo scrivere delle ulteriori disavventure burocratiche (bollette, poste telegrafi e trasporti), ma non l'ho fatto. Forse è meglio così: non sono cose molto interessanti, a meno che uno non abbia la capacità e il tempo di raccontarle bene. E almeno uno dei due elementi qui manca. L'altro, me lo direte voi tra poco: presto dovrei potervi pubblicizzare un sito che pubblicherà un mio racconto di recente produzione.
Ne ho promesso un altro entro Capodanno, insieme a un programma per delle serate culturali, degli antipasti per il cenone, la pulizia di casa, l'organizzazione di un viaggio, svariate cene a casa e, ovviamente, la canzone...

lunedì 27 dicembre 2010

III.2 - Although the words are wrong...

Ieri sera sono tornato sul palco. Mancavo da aprile. Anzi, considerato che in quella location non c'era alcun piano d'appoggio rialzato, da molto di più. Non ho suonato benissimo: ho preso il primo pezzo troppo veloce e l'ho cantato per due terzi all'ottava sbagliata. Scusa Leonard, non lo faccio più. Il secondo e il terzo sono andati meglio e ci mancherebbe, visto che li ho scritti io. A seguire, una cover italiana a sorpresa: ci ho messo un po' a ingranare, ma alla fine ho tirato fuori qualcosa di decente. Uno degli altri musicisti mi ha poi detto di essersi emozionato. Anche le ragazze pare abbiano gradito, ma -come si dice- non si sono sbottonate. Avrei dovuto chiudere così, ma già che c'ero ne ho fatto un altro, ancora con intonazione da osteria. Fortunatamente il pubblico mi ha aiutato a cantarlo. Possibile che i canturini conoscano meglio i Blur di Battisti?
Oggi di nuovo sul posto di lavoro. E queste righe dimostrano quanto io sia impegnato. Il sonno mi colpirà violentemente tra cinque, quattro, tre, due, u...

giovedì 23 dicembre 2010

III.1 - Ai miei venticinque lettori

Qualche settimana fa ho incontrato un mio compagno di liceo. Non un compagno di classe, ma uno con cui comunque ci si vedeva tutti i giorni all'ingresso, nei corridoi, in palestra e poi, improvvisamente, in nessun luogo, mai più, o quasi. Ci siamo salutati amichevolmente, abbiamo brindato insieme e scambiato due battute più o meno di circostanza, finché lui se n'è venuto fuori con un "leggo sempre il tuo blog". Perbacco.
Oggi invece, tornando a piedi dal lavoro (stamattina pioveva e la bici ha preferito rimanere in cantina), dopo poche centinaia di metri mi sento chiamare. Mi giro e riconosco l'ex ragazzo di mia sorella, anche lui mai più rivisto dalla loro separazione, o comunque da poco più in là. Sapevo lavorasse in Svizzera, ma non pensavo così vicino a me. Ci promettiamo un pranzo insieme e quando gli spiego che sto andando in posta, lui mi dice: "Ah, il famoso conto in posta!". Insomma legge anche lui queste righe. Potere di Facebook.
Mi fa piacere sapere di non scrivere per me stesso, ma allo stesso tempo non posso fare a meno di domandarmi chi altro sbircia silenzioso tra i miei tristi racconti di salariato. Mio padre leggeva il vecchio blog e ogni tanto lo commentava, mai sul sito, ma di persona. Discretamente imbarazzante. Non credo sia già giunto a questi lidi, ma considerato che non ha più molto da fare, potrebbe anche darsi di sì.
E' un discorso inconcludente, dunque non aspettatevi una morale. Era solo quello che mi passava per la testa mentre attraversavo la frontiera. Ora, invece, ho ben altro a cui pensare.

martedì 21 dicembre 2010

II.7 - Natalità senile

Manca poco al mio primo Natale da impiegato. Cadrà di sabato, con estrema ironia: Gesù Bambino non solo non mi regalerà giorni di vacanza, ma di fatto sottrarrà al mio tempo libero un preziosissimo weekend. Probabilmente perché sono stato cattivo.
Il mio presepe in effetti è piuttosto blasfemo: una bottiglia di Coca-Cola in vetro fa da Madonna, con tanto di velo azzurro ottenuto da un sacchetto per la raccolta differenziata; il cavatappi è diventato San Giuseppe, accompagnato da una cannuccia pieghevole a mo di bastone; un tappo da spumante avvolto in carta dorata, infine, interpreta il biondo Bambinello. Come pastori ho buttato lì alcune piccole sculture in legno ritraenti nani e pescatori e un puffo ciclista, il tutto su un asciuga-bancone della Kilkenny.
Alcuni definiscono la mia opera geniale, altri sacrilega; io mi limito a "pop-trash". Vi posterei una foto, ma non possiedo una macchina fotografica digitale. Prendetelo pure come un suggerimento.
A proposito di regali, anche quest'anno non ne farò alcuno. E se il senso di colpa già mi attanagliava in passato, figurarsi ora che ho persino uno stipendio! Gesto anti-capitalista o innata pigrizia e menefreghismo? Ai posteri l'ardua sentenza.
Continua a nevicare. Non c'è vischio, né -pare- la creatura da limonarcisi sotto: senza nulla togliere al pranzo di Natale della mia famiglia, sempre ricco di buon cibo, ottimo vino ed eccellente compagnia, temo che questo sarà uno dei peggiori Natale della mia vita. Non il peggiore in assoluto (c'era un periodo in cui mi sforzavo di soffrire per comporre più canzoni), ma probabilmente da podio.
Oppure la vita mi coglierà un'altra volta di sorpresa, come quella volta nel 2004, quando due miei amici inventarono per me il peggior cocktail della storia e io lo mandai giù tutto d'un fiato.

venerdì 17 dicembre 2010

II.6 - Poteva succedere...

Forse doveva succedere. La neve ha aspettato a cadere, illudendomi che fosse meglio fare colazione e tutto il resto. Poi, quando l'eventuale passaggio automobilistico tattico aveva già passato il confine, eccola. Soffice e copiosa. Attacchevole come una colla vinilica di Art-attack.
Salopettona della cerata rosso fuoco di mio fratello. Guanti da sci. Scarpe da corsa (le uniche davvero impermeabili che ho). Gomme leggermente sgonfie. E via di pedale. Tornerò?!

sabato 11 dicembre 2010

II.5 - Le conseguenze dell'abitudine

Ricordate Le conseguenze dell'amore? Titta Di Girolamo ha un lavoro comodo, remunerativo e immorale in Svizzera. E' abitudinario. Si innamora di una cameriera. Finisce male. Ops.

L'abitudine mi fa svegliare presto anche quando sono andato a letto tardi e potrei dormire ancora.
L'abitudine mi fa venire sonno anche quando mi sono alzato (non svegliato) tardi, non ho fatto niente di faticoso e sono nel bel mezzo di una festa.
L'abitudine mi fa parlare sempre delle stesse cose, ad esempio di lavoro, anche se io odio parlare sempre delle stesse cose e specialmente di lavoro.
L'abitudine è nemica dell'amore e me l'ha portato via.
L'abitudine è molto amica dello sport: ieri ho segnato i miei primi due punti ufficiali e ho fatto vedere del buon basket. Posso ancora migliorare e so che lo farò. Ho davvero voglia di allenarmi e di continuare in crescendo la stagione. Al contempo ho paura che la pallacanestro sia l'unica cosa buona di tutta questa situazione. A meno che a voi piaccia questo blog.

lunedì 6 dicembre 2010

II.4 - Non tutti sanno che...

...dietro la maschera del supereroe pop Babbo Natale* si nasconde in realtà San Nicola di Bari, benefattore dei bambini. Si dà il caso che oggi sia proprio San Nicola e che quindi sia questo il giorno in cui i bambini (almeno quelli buoni) dovrebbero ricevere i regali.
Io, che sono davvero un bravo bambino, mi sono regalato un conto corrente alle poste svizzere, grazie al quale riceverò il mio stipendiuccio direttamente in CHF (leggi: franchi svizzeri), guadagnando così -per un meccanismo che mi è ancora parzialmente oscuro- un sacco di soldi in più ogni mese.
Camminando verso casa sul marciapiede innevato, ho scandito il passo con "Glory! Glory! Halleluja!".
Le Nike da corsa hanno retto la pappetta nevosa.
Si prospetta una serata felice.

*per i chiarire i loschi rapporti tra Babbo Natale e la Coca-Cola, vi rimando a questo link.

martedì 30 novembre 2010

II.3 - Tecnologie avanzatissime

Qui si rompe tutto!
Il computer nuovo, ultimo ritrovato della tecnica californiana, ennesimo ultimo regalo generosissimo del padre: non parte più.
Il termostato, dopo tutti quei giorni passati al gelo e un mese di buon funzionamento, ha deciso di dire alla caldaia di rimanere sempre accesa al massimo della sua virulenza. Mi tocca togliere corrente a ritmi regolari per non bruciare vivo in casa mia.
Il computer dell'ufficio, questo inciso è solo per dovere di forma, ma non ho nulla da dire a riguardo, non ufficialmente almeno, zoppica vistosamente, impedendomi in pratica di lavorare.
Solo la bici per ora resiste, perché anche il mio cuore inizia a dare segni di affaticamento.
Puff! Pant! Pant!

giovedì 25 novembre 2010

II.2 - Potevo rimanere offeso

Stamattina, appena superato il confine e intento ad alzare il ritmo della pedalata, un uomo salta fuori dal nulla e si piazza in mezzo alla strada. Ha una giacca sgualcita e un berretto di lana blu alla Lucio Dalla: - Fermo, polizia!
Un suo gemello si avvicina dall'altra parte: sono circondato. Mantengo la calma. Anzi, la cosa mi fa sorridere un po'. Penso al pacchetto bianco che ho nella borsa a tracolla: il mio preziosissimo trancio di pizza gigante appena comprato dal Fornaio (anzi, fornaia: una signora pacioccona dalla quale credo tornerò spesso). Sicuramente adesso mi perquisiscono e ne assaggiano un pezzo per vedere se non contiene cocaina.
Invece mi chiedono solo un documento, cosa faccio in Svizzera, se ho il permesso di lavoro (l'ho lasciato a casa, ma pare non gli freghi granché) e se vado sempre in ufficio in bicicletta. "Da quando c'è il sole..." gli rispondo e loro mi fanno ripartire.
Non gli ho nemmeno chiesto il distintivo. Potevano benissimo essere Aldo Baglio e Ciriaco Sforza in libera uscita mattutina. Ma tutto è bene quel che finisce bene.

martedì 23 novembre 2010

II.1 - Al lavoro in bicicletta

Come le vecchiette sull'autobus, vi parlerò del tempo.
Oggi c'è il sole: è accaduto raramente da quando mi sono trasferito sul confine e quelle poche volte ho comunque sfruttato un prestito automobilistico o un passaggio per raggiungere l'ufficio. Stamattina invece ho tirato fuori i guanti dal cassetto, ho messo a tracolla la borsa con il pranzo e un libro che dovrei leggere entro il fine settimana, sono sceso in cantina e ho portato su la bicicletta, quella gialla con la quale mi sono distrutto la clavicola sette anni fa. Le gomme erano gonfie, per fortuna.
L'ho portata in strada, mi sono risvoltato i pantaloni e tirato su il cappuccio, poi sono partito. In dogana c'era un po' di gente, ma nessuno mi ha degnato di uno sguardo. Ho tagliato per la zona a traffico limitato, risparmiando circa 500 metri -i più brutti- a fianco dell'autostrada. Sono arrivato in ufficio dopo 13 minuti, esattamente secondo previsione. Una media di circa 15 Km/h, come calcola giustamente ViaMichelin.
Il problema sorgerà stasera, quando farà buio: la mia bici sarà pure gialla, ma non è fatta per la strada e di luci non ne ha. Fortunatamente ci sono tratti di pista ciclabile, quindi conto di arrivare a casa sano e salvo.
D'altra parte, ho fatto di peggio in vita mia...

sabato 20 novembre 2010

I.7 - Epiloghetto

C'è gente che si lamenta perché mi lamento troppo. Non posso dargli torto.
E' dunque venuto il momento di chiudere il primo capitolo e aprirne uno nuovo, più vivace.
Ho già delle idee, ma bisognerà avere pazienza. Anzi: si accettano suggerimenti.

martedì 16 novembre 2010

I.6 - Riempitivo

E' solo perché non scrivo da venerdì che mi sforzo di farlo stasera, mentre aspetto il passaggio per gli allenamenti. L'idea che questo fosse un diario e un romanzo contemporaneamente si scontra con la semplice realtà: non è né l'uno né l'altro. Forse è meglio così.
Nel giorno in cui, finalmente, il mio primo stipendio da impiegato è stato accreditato sul conto (ricordate bene: sette giorni dopo la data in busta paga!) spero fortissimamente di trovare al più presto un'alternativa valida.
Ieri prima timida prova musicale. Non abbiamo combinato granché, ma almeno ci abbiamo provato.
Numerosissimi e disparatissimi lavori arretrati. Ne verrò mai a capo?
Stanchezza e pessimismo sembrano ormai essere tipiche del martedì (sono sempre stato un tipo originale). Domani starò sicuramente meglio, forse già stasera, ma saprò approfittarne per non stare così anche martedì prossimo? Oppure mi abbandonerò a facili ed improduttivi entusiasmi?

venerdì 12 novembre 2010

I.5 - Sogni impiegatizi

Erano anni che non lasciavo puntata la sveglia. Voglio dire: anche durante il mio periodo di nulla pneumatico mi è capitato di svegliarmi presto, ma si trattava di eccezioni. Ora invece ho impostato il telefonino in modo che suoni tutte le mattine, dal lunedì al venerdì, alla stessa ora e per la precisione alle 8 (so di essere un privilegiato).
Aprendo gli occhi tardi e naturalmente, il limbo tra il sonno e la veglia distanzia i sogni dallo stato di coscienza in cui la memoria a lungo termine inizia a funzionare, così non ci si ricorda assolutamente niente di quello che si è sognato. Per di più, avendo tanto tempo durante la giornata, i sogni li si fa ad occhi aperti e la notte si dorme, punto e basta.
Ora, invece, tutte le cose che non ho tempo di fare, tutti i pensieri che non ho tempo di sviluppare, tutte le persone che non ho il tempo di amare durante il giorno finiscono compresse in sogni parabolici, stroboscopici, incomprensibili, eppure tutto sommato semplicissimi.
La scorsa notte ad esempio ho sognato un'amica che non vedo da troppo tempo e con cui ho avuto un breve scambio telematico proprio ieri. Insieme a lei ho sognato di giocare a poker, cosa di cui avevo appena parlato ad altra gente, consapevole della difficoltà di organizzare una partita da qui a breve.
Insomma: tutto quello che il me impiegato non riesce a vivere, lo sogna. Peccato che non funzioni col bucato...

mercoledì 10 novembre 2010

I.4 - L'arte della tristezza

I miei vecchi scritti erano molto più briosi. Certo, non mancavano lamentele e piagnistei, ma anche quelli erano creati con un certo piglio artistico, o almeno credo. Mi rendo conto invece che questo diario è una sequela di piccole lagne e, fatto ancor più grave, non ho nemmeno la volontà di cambiare registro.
Oggi è arrivata la mia prima busta paga. Prima o poi ne parlerò, ma non credo di essere ancora pronto per farlo. In ogni caso, è la definitiva sanzione del mio essere impiegato, nonché il miglio che indica la fine del mese #1 di lavoro (in realtà è già qualcosa in più).
Di tutte le cose che avevo in programma di fare in questo periodo e che invece non ho ancora fatto, quella che forse mi pesa di più è la sostanziale assenza della musica dalla mia vita: non sono ancora riuscito ad organizzare nemmeno una prova e la cosa inizia ad infastidirmi parecchio.
Se prima avevo una sincera ammirazione per quelli che, pur lavorando 40 ore a settimana, riescono comunque ad esprimersi artisticamente, in qualunque maniera, ora la mia è una vera e propria venerazione. Tornare a casa quando già fa buio e pensare di dirigere una banda di musicisti anarchici è davvero difficile, ma devo provarci a tutti i costi.
Anche ritornare a giocare con regolarità a pallacanestro dopo la bellezza di otto anni non è cosa semplicissima e benché le sgambate bisettimanali mi facciano davvero bene, al fisico e all'umore, devo ammettere che sono proprio scarso e a meno di clamorosi favoritismi del fratello-allenatore, quest'anno scalderò la panchina per lunghissimi minuti...

lunedì 8 novembre 2010

I.3 - Roma

Dopo una settimana a dir poco difficile, il weekend a Roma è stato provvidenziale.
Nell'autunno tiepido della capitale non ero né turista, né cittadino, ma uno strano vagabondo, con enormi sacchetti pieni di oggetti che ho spostato dalla vecchia casa romana alla nuova sul confine. Ho rincorso vari amici, riuscendone ad incontrare solo alcuni. Ho parlato di progetti cinematografici che potrebbero davvero prendere vita, oppure no, ma intanto sono esistiti per il tempo di quelle discussioni. Ho mangiato e bevuto. Dormito, ma non troppo. Mi sono ricordato chi sono.
Stamattina di nuovo in ufficio. Devo solo placare la nostalgia.

giovedì 4 novembre 2010

I.2 - Tutte le altre cose sporche

Ciò che faccio come impiegato è vendere il mio tempo per denaro. Inutile dire che ne sento fortemente la mancanza. Devo trascurare gli affetti o i piatti sporchi nel lavabo, tertium non datur. Scrivere è un attività relegata alla pausa pranzo e correggere un pericoloso vizio da sradicare, se voglio passare dal bagno prima di rimettermi al lavoro. I negozi chiudono improvvisamente troppo presto e i weekend sono corti e piovosi. Cosa fare il prossimo fine settimana? Riposarsi e sistemare le faccende arretrate, oppure cedere ai lusinghieri inviti degli amici lontani, spendendo tutto il tempo e tutto il denaro a mia disposizione?
Sono osservazioni e domande banalissime. Avrei potuto formularle anni fa. Ora però sono così pressanti che non potrei scrivere d'altro. Ora che l'ho fatto mi sento proprio meglio. Domani prenderò un treno, rimandando a lunedì i conti col bucato, le stoviglie, la banca e il padrone di casa, i miei progetti, la mia sonnolenza, la mia cronica insoddisfazione.

mercoledì 3 novembre 2010

I.1 - Le finestre sporche

Negli ultimi quattro anni ho vissuto per lo più occupando stanze in appartamenti condivisi. Ora invece, approfittando dello stipendio parco ma regolare, ho deciso di affittare un bilocale per conto mio, a circa 200 metri dal confine.
Una delle tante cose che non farò nella mia casa nuova sarà lavare i vetri.
Lavare i vetri non è solo uno spreco di tempo, ma anche un pericolo per la fauna ornitica. L'altro giorno, ad esempio, stavo parlando con mio padre, quando un rumore sordo ha interrotto di colpo la nostra conversazione: l'ennesimo uccellino si era schiantato contro uno dei limpidissimi vetri di casa dei miei.
Altre volte avevo assistito alla scena di un volatile stordito, a terra, di fronte alla finestra chiusa, riprendersi lentamente, rigirarsi e ritornare sui suoi battiti di ali. Stavolta però, dopo due muti pigolii, l'uccellino è morto.
Oggi, circa nello stesso modo, è morta anche mia nonna.
Oltre sei anni fa, pensavo a questo momento così.
Lei avrebbe voluto che io pulissi i vetri di casa mia, ma forse questa volta le disobbedirò.

lunedì 1 novembre 2010

PROLOGO

Di una cosa ero certo: nella mia vita, non avrei mai fatto l'impiegato.
Lo stesso ritornello tutti i giorni, una vita sedentaria e piena di abitudini, uno stipendio modesto ed un affitto da pagare: cose insopportabili per uno come me, alla costante ricerca di novità e di sorprese, persino di problemi, a volte. E invece...
Oggi compio ventisette anni, l'età in cui muoiono le grandi rockstar. Da circa un mese ho iniziato a lavorare in un ufficio, appena oltre il confine. Ratti italiani, ci chiamano. Ed hanno anche ragione.
Questo è il mio diario. O il mio romanzo?